Tale modo di dire colpisce alquanto il fedele cristiano legato alle tradizioni popolari. Non è il senso della frase ma piuttosto il collimarne l’effetto a quella da più mesi ricorrente sui media: “a rischio la tenuta dell’euro”. Lungi l’idea di piantare polemiche anche qui, pur essendovi tutti invasati, mi permetto di esprimere una mia considerazione a proposito. A rischio, che cosa?
Fermo la mia riflessione sul vero senso che do a una festa e alla cornice delle manifestazioni.
Si sa che la festa è nel ricordo di una ricorrenza e sono le celebrazioni di rito che la erigono più o meno a solennità. Certo, anche i rumori, le bizzarrie e le banalità che vi ruotano intorno fanno festa, ma non sono la festa. Queste hanno radici nella memoria dell’uomo, nel suo essere tale. Fissano nella sua mente e nel suo cuore, sia da festeggiato e sia da festeggiatore, i bei momenti vissuti e goduti insieme, anche in una fantasmagoria di luci e nello schiamazzo totale. Qui, però, è la festa dell’Assunta. Sì, il ricordo di Colei che è stata, è e sarà nella gloria della sua Assunzione in cielo anima e corpo. Quella che sostanzia ogni anno di più la fede del cristiano nell’evento storico, che è il Mistero della Vergine e Madre di Gesù, e madre nostra.
Una volta, a Mondragone, la ricorrenza si festeggiava consumando pane e cocomero la vigilia e andando a messa col vestito della festa il giorno proprio.
La decisione del consiglio foraniale di svolgere le feste del 2012 all’insegna della parsimonia, pur in linea con quelle nello spirito, è ben lontana dalle manovre politico-economiche a cui abbiamo “fatto” l’orecchio e la bocca. La solennità delle celebrazioni collima con la partecipazione viva e vitale del popolo fedele. Non c’è rischio alcuno di spese che intacchino la liturgia celebrativa che ogni festa comporta: lo impone la tradizione del credente. In particolare, il novenario, la Messa dell’aurora, il passaggio del corteo storico per le vie della città, l’accoglienza dal mare della statua della Madonna, di per sé non sono spreco di denaro. Sono bensì momenti atti a sancire annualmente un’elevazione speciale della lode a Dio, il ringraziamento dovuto e l’invocazione corale alla Madre del suo Figlio, cui, ancora quotidianamente, tutti ci rivolgiamo per impetrare grazie materiali e spirituali.
Invero, è il rumore che si crea intorno alla festa, talvolta esageratamente dispendioso, che dà fastidio e si vuole commisurare. Ma non si può impedire il grido di gioia al fanciullo di fronte a un dono. E come dono dobbiamo accogliere e vivere la festa in onore della Mamma celeste, in quanto assemblea che rafforza il vincolo di amicizia tra il prossimo, l’amicizia che è fondamento e sostegno dell’essere cristiani. Fermare il pensiero ai rumori, alle bancarelle, alle luminarie e al concerto in piazza è straordinariamente riduttivo; lo è anche il fissare l’attenzione al vestito nuovo e alla andata a messa col pensiero lontano. È come guardare alla frutta caduta dall’albero e marcita e non al piccolo seme che ha dato la vita all’albero…
Dio è l’architetto vero, unico non di una creazione statica, solo da ammirare, bensì di una creazione più che dinamica viva e vitale, tale da innescare rapporti e reazioni ma anche azioni nuove ed esse stesse creative. E le feste fanno parte integrante del progetto di Dio: sono Suo dono! Fare festa significa trovare l’occasione di incontrarsi e stare insieme. Parlare coralmente a Dio, per l’intercessione dei Suoi Santi venerati e festeggiati. Vuol fare emergere quel grido dal fondo dell’anima che, con l’esporsi al confronto col prossimo, libera ciascuno da quel narcisistico desiderio alla moda di erigersi dovunque vate di verità. Così avviene, oggi, in quanto, a mo’ di isole vaganti, ci agitiamo inviluppati in una mentalità che mette tutto e tutti in discussione.
La fede, (rispettare la festa significa avere almeno un po’ di fede) è quella che il profeta Isaia definisce riconoscimento della affidabilità di Dio per la Sua alleanza, in cui Egli per suo progetto si è impegnato col credente. Alleanza che Dio rispetta specialmente quando sembra che ci volga le spalle nelle traversie della vita. Gesù amplia infinitamente tale senso della fede in colui crede alla Sua Misericordia. Allora diciamo pure che la festa è una ricorrenza non da dimenticare, mai sovvertita nel proprio svolgimento liturgico, sempre fedele a se stesso, che il credente chiama anche tradizione e vuole rispettare nel tempo e nei luoghi. Sarà anche un atteggiamento scaturente dalla coscienza dell’uomo, dalle sue paure ma la festa è nell’intimo di ognuno perennemente aperta all’invocazione e al mistero.
La fede ve lo induce.
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