Credo che sia evidente a tutti che Mondragone viva ormai un lungo periodo di disagio economico, culturale e sociale senza precedenti e che l’Amministrazione uscente, al di là di qualunque pregiudiziale politico-ideologica, abbia tentato di ridare alla città la dignità meritata. Va detto che alcune circostanze attenuanti possono essere addotte per lenire la responsabilità di alcuni amministratori per non essere riusciti appieno nel loro intento.
Tuttavia, una classe dirigente rivela se stessa proprio in circostanze d’emergenza. Dimostra cioè di saper prevedere certi fenomeni; di governarli; si sforza di proporre soluzione efficaci e strategie adeguate a fronteggiarli; li muta nella loro valenza da sciagure in opportunità, come quella mancata per l’ennesima volta da Mondragone: trasformare la città da agricola, ormai in declino, in meta turistica, culturale e dei servizi, con una armonica e ben calibrata presenza commerciale e, soprattutto, artigianale. Detto altrimenti, a governare una città in un momento di congiuntura favorevole, con le casse comunali piene e un forte consenso politico-popolare, con il vento in poppa, insomma, è cosa facile.
Mantenere la barra del timone saldamente dritta durante la tempesta e riportare la barca felicemente in porto, questo contraddistingue il buon capitano.
Di fatto, Mondragone sconta oggi una condizione difficile, drammatica per certi versi. Imbarbarita. Imbruttita, laddove, invece, il contatto col bello è di per sé rimedio e cura a molti mali. Caotica e frenetica senza essere produttiva. Un impianto viario ormai anacronistico e perciò incapace di reggere quello che è il carico di traffici e commerci attuali. Strutture architettoniche pubbliche e un patrimonio immobiliare e storico ormai in piena decadenza. Con piazze scambiate per affollati garage pubblici a cielo aperto e non per quello che dovrebbero essere: spazi umani, antropici, da vivere. Agorà. Luoghi insieme reali e ideali di incontro tra gli uomini. Salotti buoni della città. Scrigni che contengono le meraviglie dell’arte e della storia. Vanto e orgoglio cittadino. Per esempio, si pensi cosa potrebbe suscitare piazzetta S.Angelo (scusatemi se prendo d’esempio il mio quartiere), adeguatamente restaurata, al turista che camminando (camminare, verbo sconosciuto a Mondragone) vi giunge dal Viale Margherita, piazza Umberto I: piccolo palcoscenico di grande effetto scenico, che ha per suggestivo fondale i gentilizi palazzi Sparagana, Tarcagnota, oggi, solo palazzo Tarcagnota, timidamente recuperato.
Il prossimo sindaco (Cennami) darà un segno di forte, radicale discontinuità nella gestione della cosa pubblica a Mondragone. Dirà quello che farà e farà quello che dirà, dimostrando coi fatti di voler operare cambiamenti significativi, per certi versi epocali, nel senso di dare vita ad un’epoca nuova, di rivolgimenti positivi, prima di tutto nella mentalità e nella cultura dei cittadini, invitandoli – ed imponendosi anche con la forza e l’autorevolezza della legge – a rispettare la città, così da renderli responsabili in prima persona della cosa pubblica, senza delegare, senza attendere che lo faccia qualcun altro.
Il futuro sindaco sarà egli stesso esempio concreto per i suoi concittadini e punto di riferimento costante.
Culturalmente sensibile, umanamente disponibile, entrerà autenticamente in empatia con la gente, l’ascolterà; ecco: ascoltarla, ascoltarla veramente. Non c’è più tempo e spazio per sorrisi ipocriti e strette di mano.
Sarà in grado di tagliare certi perniciosi gangli che legano la politica a logiche bieche di clientela, di partito e di parte.
Avrà il coraggio di non piegarsi a odiose pratiche spartitorie, che hanno sempre lo sgradevole sapore della divisione del bottino dopo il colpaccio, ma chiamerà a collaborare con lui persone forti di un loro effettivo, comprovato valore. Le sceglierà cioè per quanto di buono e di utile possono apportare alla città.
Scommetterà principalmente su collaboratori giovani e capaci, realmente meritevoli, in grado cioè di pensare europeo, che abbiano magari maturato una qualche significativa esperienza in realtà più produttive, effervescenti, dinamiche e – nessuno si offenda – più civili della nostra, così da fare di questi individui collettori d’idee nuove, da mutuare ed adattare, laddove possibile, alla nostra realtà. E’ un modo anche per far rientrare molti giovani nella piccola patria, da cui sono scappati spesso frustrati ed amareggiati.
Soprattutto, il futuro sindaco di Mondragone farà della politica un inno all’impegno reale, fattivo, operoso, volto alla crescita civile, economica e culturale del paese, cominciando – questo è il segreto – dalle piccole cose, dalla quotidianità, dalle esigenze pratiche dei cittadini, quelle vere, che decidano della qualità della vita di ognuno e di tutti.
Il sindaco farà della politica non più il luogo un po’ sordido di intrighi.
Non mezzo per fini personali e privati. Non cosa percepita come sporca e volgare, indegna di un cittadino “per bene”, di un uomo onesto, ma, semmai, di personaggi “che non hanno nulla da perdere”. La parola politica ha in sé quella dipolis, città, e tutti i cittadini, dunque, sono chiamati a fare politica, con passione e con amore, con dedizione e tenacia. Il civile confronto, il rispetto di chi la pensa diversamente da te, ma che come te ama la città e la vorrebbe più bella, più vivibile, più gioiosa: ecco cosa cambierà Mondragone.
Mondragone – è inutile nasconderlo – non è più una città felice. Una città felice è una città che punta sui bambini, sui giovani, sugli adolescenti e sugli studenti. Che dedica loro spazi e mezzi senza riserve. Che permette loro di crescere armoniosamente. Fare sport, non solo di vederlo. Leggere buoni libri, a proposito di libri: vi rendete conto che a Mondragone non esiste una libreria? E questo la dice lunga! Andare al cinema. Gustarsi uno spettacolo teatrale. Ascoltare buona musica. Rilassarsi tra il verde di un parco cittadino o divertirsi a scoprire la città in bicicletta e in bicicletta andare a scuola.
Una città felice è quella che pensa ai quartieri come alle membra di un corpo vivo e pulsante: tutte necessarie, tutte importanti e legate insieme le une alle altre.
Una città felice è una città che si adopera al fine di far dialogare tra loro i settori più produttivi della città; che offre loro tutti i servizi e l’assistenza di cui necessitano per operare al meglio, in una proficua dimensione sinergica pubblico-privato.
Ed ancora. E’ felice quella città che fa degli anziani una risorsa vera, coinvolgendoli in opere di civica collaborazione con la cittadinanza (i «nonni» che regolano il traffico all’uscita delle scuole, ad esempio. Quelli che si occupano di tenere sempre aperte chiese e biblioteche. Che aiutano i disabili a salire sugli scuolabus. Che fanno da guida nei vicoli del centro storico, rispolverando memorie altrimenti destinate all’oblio) e non un peso da sopportare, individui da relegare in qualche locale a giocare qualche triste tre sette e a raccontarsi come era la vita una volta e che ai miei tempi…
Città felice è quella che sa che il rispetto della legalità, a tutti i livelli, dall’impudente che scorazza senza casco proprio dinanzi al vigile, al criminale vero e proprio, è la condizione delle condizioni per una civile convivenza, per attrarre investimenti da fuori, perché il cittadino si senta bene e a proprio agio con la gente e tra le strade del paese, di giorno come di notte.
Una città felice è una città che fa del decoro urbano il proprio fiore all’occhiello.
Dove il centro storico è la parte più bella e ricercata, ove tutti vorrebbero avere un appartamento; col traffico regolato dalle norme proprie della ZTL, con parcheggi riservati ai soli residenti e un impianto di video sorveglianza per proteggere gli abitanti e i beni storico-artistici che naturalmente un centro storico possiede. Che contempli una serie di attività commerciali – dal pub per i più giovani o locale elegante ed esclusivo, al piccolo ristorante, all’accogliente osteria; dal negozio di generi alimentari, alla piccola farmacia, al negozio di artigianato –, attività che oltre ad animarlo ne aumentino l’attrattiva verso la giovani coppie in animo di trasferirvisi.
Cos’è invece oggi il centro storico mondragonese? Chi vi abita? Chi investirebbe per abitarci? Cosa offre? Ve lo siete mai chiesto?
Una città felice è infine quella i cui cittadini – e gli amministratori innanzitutto – sanno pensare e immaginare il futuro. Sanno costruirlo. Si rimboccano le maniche per farlo e ognuno fa la propria parte, onorevolmente. Non è utopia: succede quotidianamente in centinaia di realtà in Italia.
Qualcuno ora potrebbe sostenere che quanto detto sin qui sia cosa scontata. Forse. O forse che in taluni momenti delle storia certe «ovvietà» smettono di essere tali e acquistano una freschezze nuova, proprio come se le si pronunciasse per la prima volta. Un saluto a tutti.
Se crediamo in tutto questo, votiamo il dott. Achille Cennami senza se e senza ma!
Pasquale Fardella
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