Mons. Antonio Napoletano presiede rito della messa per la benedizione degli oli. Fedeltà, unità, impegno per la verità i temi trattati.
In una Cattedrale piena e alla presenza di tutto il presbiterio diocesano, dei religiosi, dei fedeli laici e di moltissimi giovani, provenienti dalle 42 parrocchie della Diocesi di Sessa Aurunca, mons. Antonio Napoletano, vescovo della chiesa locale, ha presieduto il solenne rito della messa crismale, giovedì mattina dalle ore 9,30 alle 11,15. Tra le autorità religiose presenti, padre Antonio Rungi, già superiore provinciale dei passionisti della Provincia religiosa dell’Addolorata.
Una celebrazione, durante la quale sono stati benedetti gli oli per le varie esigenze sacramentali della comunità cristiana.
L’omelia del Vescovo, diretta in particolare a tutti i sacerdoti presenti, che hanno rinnovato le promesse, dal titolo “Per loro io consacro me stesso, perché anche essi siano consacrati nella verità”, è stata incentrata sulla consacrazione e sulla verità.
“Nel Vangelo di Giovanni durante l’ultima cena dopo la lavanda dei piedi e a conclusione dei discorsi di addio, Gesù rivolge una preghiera al Padre celeste. Non si tratta di una preghiera sacerdotale come comunemente si dice, ma di una preghiera confidenziale nella quale Gesù racconta al Padre la missione compiuta nel mondo.
Non è una preghiera di domanda ma una preghiera che conferma ciò che Gesù ha fatto, non è una preghiera d’intercessione ma di lode e di ringraziamento.
Gesù recitò quella preghiera davanti ai suoi discepoli perché desiderava trasfondere nel loro animo ciò che Egli provava in quel momento e voleva indicare anche il modo di rapportarsi con il Padre con animo di figli e con assoluta intimità. Dedicando ad essa la dovuta attenzione, l’intera comunità ecclesiale potrà ricavarne giovamento, soprattutto in questo giorno in cui ognuno di noi ricorda il suo sacerdozio battesimale e il sacerdozio che scaturisce dall’Ordine sacro.
Ringraziamo il Signore perché mediante il Battesimo ci ha inserito nel suo Corpo che è la Chiesa e ha fatto di noi un popolo profetico, sacerdotale e regale. In quell’ora Gesù previde che anche noi avremmo creduto in Lui e lo avremmo seguito nella sua Chiesa e pregò per noi. Sin dalle prime parole Gesù fa intendere che non vuole essere solo nella lode al Padre ma desidera coinvolgere anche i suoi discepoli, coloro che l’hanno seguito e ora sono con Lui. Come in tutti i momenti in cui si ritirava solo a pregare, Egli si rivolge al Padre non per chiedere aiuto ma per informarlo e per rendergli conto della missione che Gli aveva affidato. Gesù era convito che la preghiera del discepolo debba essere simile alla sua.
In questo modo il cristiano, il sacerdote, il religioso è incoraggiato a sottoporre sempre il suo lavoro all’esame di Dio per riceverne il beneplacito e il sostegno.
Gesù mette in guardia da quelle preghiere interessate in cui tutto si chiede al Padre celeste fuorché ciò che favorisce la propria e altrui santificazione. Perciò il primo gesto che Gesù suggerisce è quello di porsi alla presenza del Padre celeste per confermare la propria fedeltà a Lui ispiratore di ogni preghiera e azione pastorale. In questo modo nelle decisioni che il discepolo di Gesù dovrà prendere nella sua vita pastorale, si preoccuperà di essere in comunione con Dio per non correre il rischio di agire in difformità al suo pensiero”. Sulla credibilità dei credenti della loro fedeltà a Dio e ai propri impegni si sviluppa la successiva riflessione del Vescovo, il quale afferma che: “Non è raro il caso di ascoltare adulti e giovani che dicono di credere in Gesù ma non nella Chiesa”.
Seguono poi il tema dell’unità e della verità tra i cristiani: “Da soli non potremmo farcela perché c’è sempre nel mondo qualcosa o qualcuno che cerca di ostacolare la diffusione della verità creando divisioni e opposizione.
Il dramma cui si assiste anche nella vita cristiana e pastorale è costituito dal fatto che in molte circostanze la verità e la sincerità non piacciono, non sono gradite. Gesù per primo fece questa triste esperienza. I suoi oppositori cercarono di lapidarlo e di ucciderlo. Egli a volte fece silenzio, altre volte non ebbe paura di parlare apertamente.
E’ necessario convincersi che soltanto seguendo il suo esempio saremo capaci di trasmettere una fede matura e non infantile e di svolgere una coraggiosa diaconia alla verità, liberando le persone da tutto ciò che sa di apparenza e di esteriorità, di preconcetti e di chiusure, anche nella vita cristiana e pastorale. Nella preghiera Gesù chiede al Padre di consacrare i suoi discepoli nella verità. In questa espressione è racchiuso il segreto della nostra testimonianza cristiana, ecclesiale e presbiterale. Noi possiamo essere contenti solamente quando la nostra presenza e il nostro impegno è conforme alla Parola di Dio. Se è certo che, come dice Gesù, la parola di Dio è verità, in nessuna occasione dobbiamo aver paura di professarla, celebrarla, e testimoniarla”.
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